Come ho riportato la barca dai Caraibi 

Articolo pubblicato Bolina Novembre 2010

La traversata dell’Atlantico di andata ai Caraibi a Novembre, fatta assieme all’organizzazione ARC con altre 200 barche e spinti dai dolci e costanti Alisei, è in effetti una passeggiata tranquilla e piacevole. L’ARC ti prende per mano, ti prepara con dei seminari, ti controlla tutte le dotazioni di sicurezza e poi ti segue giornalmente e ti invia i bollettini meteo.

Poi arrivati lì nei Caraibi il veleggiare tra le tante bellissime isole è una meraviglia e lo raccomando a tutti. Ma poi bisogna pensare al rientro in Mediterraneo a Maggio, prima che arrivino gli uragani ed il ritorno è tutt’altro che una passeggiata. Infatti sono pochi gli armatori che portano la propria barca indietro via mare, ma si affidano al trasporto su nave, con costi altissimi, oppure con skipper professionali, con costi non indifferenti e con rischi di danni alla barca, in quanto questi pensano solo a rientrare il più velocemente possibile.

Sentito i molti racconti, ero abbastanza terrorizzato al pensiero di dovermi riportare la barca, ed escluso l’opzione a pagamento, ho cominciato a documentarmi seriamente, leggendo tutti i racconti di traversate verso Est fatte in precedenza.

Ho dovuto cercarmi l’equipaggio sui vari siti internet, sia italiani che esteri ed ho scoperto una marea di persone desiderosa di fare l’esperienza atlantica senza compenso. Ho avuto circa una sessantina di risposte ai miei annunci, che ho vagliato con molta attenzione ed intervistato via Skype, nonché sentito personalmente i loro referenti. Alla fine ho scelto un ragazzotto italiano di Udine, Fabio, un giovane sardo Riky, residente in Costa Rica, un giovane istruttore di vela inglese, Robert ed infine David altro inglese, sessantenne, bravissimo nel fai da te, desideroso di fare questa esperienza che gli mancava. La mia scelta si è poi rivelata vincente in quanto erano tutti bravissimi, preparati, volonterosi ed andavamo tutti d’accordo, in sintonia ed in allegria.

Il gruppo italiano ha dovuto fare del ripasso dei termini inglesi delle manovre correnti e per evitare confusione in momenti critici ho applicato delle targhette con le traduzioni sui stopper per meglio individuare le scotte e le drizze. C’è stato anche della sana rivalità in cucina, con gli inglesi addirittura in testa all’inizio, ma alla fine siamo giunti ad un onorevole pareggio.

Un pericolo costante durante le traversate oceaniche è rappresentato dall’usura alle attrezzature e devi sempre fare dei controlli giornalieri. Devi avere scorte di tutti i tipi per le riparazioni e saperle eseguire, anche eventualmente seguendo i manuali, come ho dovuto fare con la sostituzione della girante. Bisogna sempre stare in guardia per le navi anche se infrequenti gli incontri, e la notte, sempre, sempre agganciati alla barca. Inoltre, con mare formato non devi affidarti al pilota automatico perché ti può abbandonare al momento sbagliato e causare dei grossi guai.

Per le comunicazioni mi ero attrezzato con telefono satellitare Iridium e Mailasail come provider, che oltre alla posta elettronica fornisce previsioni meteo ed anche le grib files, cartine meteo animate dei venti, di peso abbastanza “leggero” che scaricavo via email una volta alla settimana. A terra, avevo un amico Giuseppe, che studiava le carte grib su www.grib.us e mi monitorava giornalmente e decidevamo assieme la rotta da fare. Con un po’ di pratica avevo imparato ad analizzare le previsioni meteo in formato testo e trasformarle a matita in carte sinottiche e predire come avrebbe girato il vento, che segue il moto orario per nelle alte pressioni (i famosi “anti-cicloni delle Azzorre”) ed il moto anti-orario nelle basse pressioni.

Dalle mie ricerche sulle traversate Atlantico Ovest-Est avevo imparato che bisogna avvicinarti sufficientemente alle basse pressioni che transitano a Nord per trovare vento che ti spinge ad Est, ma non troppo, per non incappare in mezzo alle burrasche. Invece, se rimani troppo a Sud, ti trovi bloccato nelle alte pressioni senza vento e dato le immense distanze oceaniche farai presto a finire il carburante. Quindi in effetti si fa un zig-zag tra le varie alte e basse pressioni. Avevo letto che molti di quelli che avevano percorso “la strada alta” a nord, avevano subito danni alle vele ed alle attrezzature e quindi io ho scelto “la strada bassa”, quella più a sud, portandomi anche 14 tanniche di carburante di riserva per supplire ad eventuali lunghe assenze di vento.

Anche questa si è rivelata una scelta giusta; abbiamo veleggiato tranquillamente per 26 giorni e “motorizzato” per 6 giorni (150 ore). Abbiamo si, avuto del cattivo tempo, ma non eccessivo e siamo giunti a destinazione Gibilterra senza danni rilevanti, ne alla barca, ne all’equipaggio, con grande mia soddisfazione, dimostrando che è fattibile anche a noi “comuni mortali”; basta prepararsi bene prima e procedere con molta prudenza e nel rispetto delle regole di sicurezza. Corraggio ragazzi, armatevi e partite per un’esperienza memorabile!

Lorenzo Camillo

sv Mabi Two

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